Sane letture sportive: dal Corriere.it «Così Bartali in bici portava ai conventi i documenti salva-ebrei»

Per la nostra rubrica "Sane letture sportive" pubblichiamo oggi un altro interessante articolo tratto dal Corriere.it del 28/01/09 dal titolo "Così Bartali in bici portava ai conventi i documenti salva-ebrei", dove si parla del grande uomo e ciclista Gino Bartali che rischiò più volte la vita per salvare quella di centinaia di persone durante la seconda guerra mondiale.

Per chi vuole leggere l'articolo direttamente dal sito Corriere.it, ecco il link da cliccare http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_28/bartali_ebrei_4ca4d364-ed19-11dd-b7f1-00144f02aabc.shtml

Ricordo a tutti che al 4° Gagliarda's Day, lunedì 29 giugno, avremo ospiti il ciclista e giornalista Paolo Alberati e Andrea Bartali, figlio di Gino, in un incontro dal titolo "Gino Bartali - Mille diavoli in corpo" dove oltre a ripercorrere la vita e le vittorie sportive del grande ciclista toscano, sveleremo numerosissimi particolari inediti della vita privata e pubblica del Bartali uomo, quello intimo, ai più sconosciuto.

Buona lettura a tutti.

Andrea Falcioni


«Così Bartali in bici portava ai conventi i documenti salva-ebrei»

ROMA — Suor Alfonsina e suor Eleonora guardavano fuori, attraverso le fessure della Ruota degli Innocenti, e vedevano due gambe muscolose che uscivano da un paio di pantaloni attillati e corti. Sussurravano un nome, «Bartali», perché la fama aveva valicato le mura del monastero di San Quirico, clausura per clarisse. Gino Bartali, che aveva vinto il Giro d'Italia nel '36 e nel '37 e il Tour nel '38, per almeno 40 volte, dopo l'8 settembre 1943, salì a San Quirico in Assisi, tra San Francesco e il Vescovado, con la sua Legnano rossa e verde. Nascosti nella canna, sotto il sellino o dentro le impugnature del manubrio, portava foto e documenti di ebrei. Documenti da falsificare, per permettere le fughe. Partiva da Firenze, faceva più di 200 chilometri di strade secondarie e di montagna, addosso una maglia con scritto «Bartali».
Qualche volta lo fermarono, i tedeschi, a un posto di blocco, ma finiva che gli facevano domande di ciclismo. A San Quirico Bartali consegnava alla madre superiora carte e foto, che poi venivano portate in una tipografia, lì dietro, tre minuti di buon passo. Gli ebrei ottenevano così le identità necessarie a circolare e a raggiungere l'Abruzzo, oltre la linea Gustav, nell'Italia già liberata. Il primogenito di Bartali, Andrea, è andato ad Assisi, ha ritrovato le suorine, utranovantenni, e i luoghi di queste imprese non sportive del padre. È andato a ricercare la tipografia, ha trovato al suo posto uno degli innumerevoli negozi di souvenir di Assisi, ma dentro c'era ancora la stampatrice che servì a salvare le vite di centinaia di ebrei. E lo stesso percorso era già stato compiuto da Riccardo Nencini, presidente del Consiglio regionale toscano, segretario del Partito socialista e nipote del campione che fu considerato l'erede di Bartali, Gastone Nencini: «La nuova madre superiora ci fece leggere il diario della superiora di quei tempi, dove erano annotate le visite di Bartali», racconta. E Andrea Bartali dice: «A proposito delle polemiche su Pio XII e gli ebrei, io credo che fosse necessario il permesso papale per far entrare uomini in un convento di clausura».
Bartali era un militante dell'Azione cattolica e tramite monsignor Elia Dalla Costa entrò in contatto con l'organizzazione Delasem, che assisteva i profughi ebrei. Talvolta, a metà strada tra Firenze e Assisi, fermava la bici alla stazione di Terontola. Come in un film, il suo arrivo calamitava le persone presenti, i soldati tedeschi e italiani intervenivano per disperdere l'assembramento e gruppi di ebrei e di perseguitati politici venivano fatti salire sui treni. Quest'anno, in quella stazione, è stata scoperta una lapide in ricordo di Bartali. «Prima dei viaggi verso Assisi — racconta Andrea Bartali — papà aveva fatto molti "allenamenti" andando in bicicletta da Firenze fino a Genova. A Genova gli venivano consegnati dei fondi che venivano da conti depositati in Svizzera da ebrei di tutto il mondo e lui li portava a Firenze».
Il presidente Ciampi diede la medaglia d'oro al merito civile a Bartali per aver protetto l'esistenza di almeno 800 ebrei.
Andrea Garibaldi 28 gennaio 2009