"JOAQUIN E JACQUES, PRIMO E ULTIMO AL GIRO DI LOMBARDIA": DA AVVENIRE.IT DEL 07/10/2013

La strada è un’affabulatrice. Riesce a narrare le tante storie raccolte dall’umanità che la calpesta. E il ciclismo di storie ne fornisce in grande quantità e in tutte le stagioni. Basta saperle ascoltare. Storie agrodolci come i frutti autunnali. Come lo sconforto, misto a rabbia, di Joaquin Rodriguez al Mondiale di Firenze, otto giorni fa, diventato gioia esplosiva sul traguardo del Giro di Lombardia.
“Purito” ha vendicato il tradimento del connazionale Alejandro Valverde scattandogli in faccia proprio nel punto designato per attaccare. E lo ha lasciato a riflettere sull’ennesimo fallimento di una carriera incompiuta, costellata di vittorie nelle gare minori ma di soli piazzamenti nelle grandi corse. Alzando le braccia al cielo Rodriguez ha vuotato quel fardello colmo di rancore che si trascinava dietro e sul podio ha teso la mano al rivale. Perché gli sgarbi subìti vanno puniti pedalando e quando si scende dalla bicicletta non deve restarne traccia. Ci sono anche storie viscide e scivolose, come l’asfalto di questa stagione, bagnato dalle solite giornate uggiose. Storie che possono avere le sfumature del giallo, il colore delle foglie. 
È il caso della vicenda del Giro d’Italia 2014 che verrà presentato oggi in un clima tutt’altro che sereno. Anche il luogo scelto, il Palazzo del ghiaccio di Milano, tradisce gli umori della Rcs Sport, la società organizzatrice (anche del Lombardia) travolta dal recentissimo scandalo sul sostanzioso ammanco in bilancio – si parla di 15 milioni – che ha portato all’allontanamento dei vertici societari. L’indagine interna è diventata inchiesta penale e gli sviluppi sono oscuri. Mentre non ha più niente di misterioso il percorso del prossimo Giro d’Italia che fra annunci degli stessi organizzatori e rivelazioni da parte di qualche giornale ha già svelato tutte le sue tappe. 
Si partirà dall’Irlanda di venerdì, giorno inedito per un grande Giro e profetico – alla luce dello scandalo - per chi crede alla cabala, per arrivare a Trieste. Dal 9 maggio al primo giugno e con la solita abbondanza di montagne per appagare i tanti tifosi che aspettano pazientemente ai bordi delle strade o accomodati davanti alla tv. Ma la strada racconta soprattutto un’infinità di storie minute, intrise di grande umanità, con protagonisti sconosciuti, sui quali i riflettori non si soffermano mai. Storie destinate a rimanere il più delle volte celate. 
Come la tenacia di Jacques Janse Van Rensburg, 26enne discendente dei boeri che ha deciso di compiere il tragitto inverso rispetto a quello degli avi tornando nella vecchia Europa in sella alla sua bici. Il corridore sudafricano è arrivato ultimo al Giro di Lombardia, staccatissimo da Rodriguez, a oltre mezz’ora. Ha pedalato l’ultima parte della corsa in compagnia della sua sola tenacia. Nemmeno la sua ammiraglia è rimasta a scortarlo nella sua ostinazione, con lui c’erano solo i mezzi di routine: la moto della polizia a fare da apripista e l’ambulanza che chiude ogni carovana ciclistica, stavolta con gli operatori più annoiati del solito. Bagnato e infreddolito, stanco e sanguinante per una caduta. E solo. E nemmeno i tifosi ad incitarlo, a incoraggiarlo in quell’immane sforzo, perché quando arrivava lui la gente se ne era già andata. Così, la fatica diventava desolazione. Ma non è bastato a farlo desistere, a cedere alla tentazione di rifugiarsi al caldo, di accorciare la sua agonia. Jacques si era già dovuto arrendere otto giorni prima a Firenze, nel campionato del mondo con l’arrivo posto davanti a un palasport intitolato a un uomo importante per il suo Paese: Nelson Mandela. In Toscana la corsa era in circuito, ai primi occorrevano poco più di venti minuti per compiere un giro, impossibile terminare la corsa con un distacco maggiore, perché si viene doppiati. Al Lombardia non c’era questo rischio, si doveva fare i conti solo con il tempo massimo e con la tentazione di mettere il piede a terra quando a una ventina di chilometri dalla meta si passava vicino al traguardo, accanto ai bus delle squadre che già accoglievano tanti colleghi. 
Ma Jacques aveva deciso di andare fino in fondo, di portare a termine l’ultima classica della stagione, di non sprecare quell’inatteso regalo arrivato dalla rinuncia di un’altra squadra. Perché a quella corsa lui e i suoi compagni non dovevano partecipare, erano stati ripescati dopo il passo indietro compiuto dalla Vini Fantini travolta dall’affaire doping di Santambrogio e Di Luca. E non pensava nemmeno alla bizzarria del caso che nella sua interminabile pedalata aveva disegnato un singolare filo rosso che lo legava alla prima grande corsa della stagione, la Milano Sanremo vinta a sorpresa dal suo compagno di squadra Gerald Ciolek. Così, anche Jacques Janse Van Rensburg, con la sua abnegazione, potrà dire di aver contribuito a un singolare primato ciclistico: un corridore del neonato team sudafricano Mtn-Qhubeka ha aperto la stagione 2013 vincendo la prima delle classiche monumento e un suo compagno di squadra l’ha chiusa, letteralmente, in coda all’ultima delle grandi corse.

Giuliano Traini