Compito della Chiesa è fare anche dell'attività sportiva un mezzo per coltivare i valori.
Mens sana in corpore sano: «una mente sana in un corpo sano». La decima satira di Giovenale vuole dimostrare che per avere sane le facoltà dell’anima bisogna avere sane quelle del corpo. Una frase che piaceva tanto a Giovanni Paolo II, il più sportivo dei papi, che nella sua vita aveva scalato montagne, nuotato nei laghi, remato in canoa, sciato. Ma una frase anche condivisa da tanti santi che in ogni epoca hanno saputo unire lo sforzo fisico a quello spirituale. A Liduina di Rotterdam, una santa del 1300, piaceva pattinare, la beata Elisabetta Renzi era un’abile cavallerizza, così pure il beato Zeffirino Namuncurà, indio della Patagonia. Più vicini a noi i beati Pier Giorgio Frassati e Alberto Marvelli, il primo appassionato della montagna, il secondo del nuoto e del tennis.Lo sport orientato a tenere sana la mente si avvicina all’ascesi: accompagna l’educazione dell’uomo ai valori del sacrificio, della solidarietà, della giustizia. Non è un caso che negli ultimi decenni le vocazioni adulte spesso passano per una palestra o da un campo di calcio.Calciatori, pugili, judoka e mezzofondisti raccontano sui giornali come sono giunti a consacrarsi a Dio. Suor Daniela del Santo Vangelo, al secolo Rossella Cencini, ex portiere di calcio di una squadra femminile di serie C, a 19 anni ha smesso i guanti ed è entrata tra le francescane di Favara.Elisabetta Stocchi dalla nazionale di judo è passata tra le suore Dorotee di Cemmo. Il parroco di Vallermosa, don Massimiliano Pusceddo, ancora oggi appena può sale sul ring. Don Luca Ravaglia, biblista della diocesi di Faenza, partecipa da maratoneta a gare perfino di cento chilometri.Che ci sia relazione tra pratica sportiva e vita spirituale è elemento che riscontriamo sovente nella tradizione ascetica cristiana, a partire dai riferimenti di san Paolo, che invitava gli atleti a non comportarsi come pagani che cercano la vittoria a costo d’ingannare gli altri e se stessi. Chissà cosa egli avrebbe oggi detto di fronte a una parte considerevole dello sport proteso a tagliare traguardi, a collezionare coppe e medaglie a suon di miliardi e di dirette televisive! Merito della Chiesa è continuare a tener desta, come «buona regola di vita», la relazione tra lo sport e lo spirito. Avviene in particolare negli oratori, dove lo sport vissuto come strumento di sviluppo del corpo e di formazione del carattere degli adolescenti, arriva anche a favorire le scelte di vita. «La passione calcistica vissuta in oratorio – dice il salesiano don Domenico M. – è stata lo strumento del quale Dio si è servito per farmi comprendere la sua volontà ». Mettere in pratica l’aforisma di Giovenale non è però facile nell’attuale contesto sociale che tende a far scomparire l’antica cultura del cortile per lasciare spazio a giochi sempre più solitari e individualisti. Il tempo libero dei ragazzi viene segnato dal computer; giornate intere passate a tu per tu con la freddezza di uno schermo, tra navigazioni su internet e conversazioni virtuali di chat, mailing list e newsgroup . L’«altro» da scoprire non è più un amico con un cuore ed un’anima, ma il pupazzetto colorato dei videogiochi. Il freddo «clic» del mouse prende il posto della stretta di mano, dello sguardo d’intesa, indispensabili al momento di formare una squadra. Per recuperare la dimensione autentica dello sport l’estate è propizia, offre l’occasione di riscoprire lo sport come momento d’incontro con gli altri, presupposto indispensabile per avvicinarsi alla vita con spirito giusto e guardare al domani con serenità.
Di Vito Magno