Sane lettture sportive: da Avvenire.it di sabato 31/07/10 "Agonismo e ascesi, quando lo sport alimenta la vocazione".

Compito della Chiesa è fare anche dell'attività sportiva un mezzo per coltivare i valori.


Mens sana in corpo­re sano: «una men­te sana in un cor­po sano». La decima satira di Giovenale vuole dimo­strare che per avere sane le facoltà dell’anima bisogna avere sane quelle del corpo. Una frase che piaceva tanto a Giovanni Paolo II, il più sportivo dei papi, che nella sua vita aveva scalato mon­tagne, nuotato nei laghi, re­mato in canoa, sciato. Ma u­na frase anche condivisa da tanti santi che in ogni epo­ca hanno saputo unire lo sforzo fisico a quello spiri­tuale. A Liduina di Rotter­dam, una santa del 1300, piaceva patti­nare, la beata Elisa­betta Renzi era un’abile ca­vallerizza, così pure il beato Zeffirino Namuncurà, indio della Patagonia. Più vicini a noi i beati Pier Giorgio Fras­sati e Alberto Marvelli, il pri­mo appassionato della montagna, il secondo del nuoto e del tennis.Lo sport orientato a tenere sana la mente si avvicina al­l’ascesi: accompagna l’edu­cazione dell’uomo ai valori del sacrificio, della solida­rietà, della giustizia. Non è un caso che negli ultimi de­cenni le vocazioni adulte spesso passano per una pa­lestra o da un campo di cal­cio.Calciatori, pugili, judoka e mezzofondisti raccontano sui giornali come sono giun­ti a consacrarsi a Dio. Suor Daniela del Santo Vangelo, al secolo Rossella Cencini, ex portiere di calcio di una squadra femminile di serie C, a 19 anni ha smesso i guanti ed è entrata tra le france­scane di Fa­vara.Elisabetta Stocchi dal­la nazionale di judo è pas­sata tra le suore Dorotee di Cemmo. Il parroco di Val­lermosa, don Massimiliano Pusceddo, ancora oggi ap­pena può sale sul ring. Don Luca Ravaglia, biblista della diocesi di Faenza, partecipa da maratoneta a gare perfi­no di cento chilometri.Che ci sia relazione tra pra­tica sportiva e vita spiritua­le è elemen­to che ri­scontriamo sovente nel­la tradizio­ne ascetica cristiana, a partire dai riferimenti di san Paolo, che invitava gli atleti a non comportarsi co­me pagani che cercano la vittoria a costo d’ingannare gli altri e se stessi. Chissà co­sa egli avrebbe oggi detto di fronte a una parte conside­revole dello sport proteso a tagliare traguardi, a colle­zionare coppe e medaglie a suon di miliardi e di dirette televisive! Merito della Chie­sa è continuare a tener de­sta, come «buona regola di vita», la relazione tra lo sport e lo spirito. Avviene in par­ticolare negli oratori, dove lo sport vissuto come stru­mento di sviluppo del corpo e di formazione del caratte­re degli adolescenti, arriva anche a favorire le scelte di vita. «La passione calcistica vissuta in oratorio – dice il salesiano don Domenico M. – è stata lo strumento del quale Dio si è servito per far­mi comprendere la sua vo­lontà ». Mettere in pratica l’aforisma di Giovenale non è però fa­cile nell’attuale contesto so­ciale che tende a far scom­parire l’antica cultura del cortile per lasciare spazio a giochi sempre più solitari e individualisti. Il tempo libe­ro dei ragazzi viene segnato dal computer; giornate in­tere passate a tu per tu con la freddezza di uno scher­mo, tra navigazioni su in­ternet e conversazioni vir­tuali di chat, mailing list e newsgroup . L’«altro» da sco­prire non è più un amico con un cuore ed un’anima, ma il pupazzetto colorato dei videogiochi. Il freddo «clic» del mouse prende il posto della stretta di mano, dello sguardo d’intesa, indi­spensabili al momento di formare una squadra. Per recuperare la dimensione autentica dello sport l’esta­te è propizia, offre l’occa­sione di riscoprire lo sport come momento d’incontro con gli altri, presupposto in­dispensabile per avvicinar­si alla vita con spirito giusto e guardare al domani con serenità.
Di Vito Magno