Il libro del giornalista Stefano Borghi “San Lorenzo
de Almagro” racconta l’origine popolare del club argentino che vanta un tifoso
molto speciale, il quale tiene un pezzo del vecchio stadio in Vaticano.
Il tram che sferraglia nel barrio de Almagro, i rimbalzi del pallone sulla
strada, il vociare di quei ragazzi che un campo non ce l’avevano e per star
dietro a una passione che era già un’epidemia nell’Argentina di inizio
Novecento, il fútbol, dovevano arrangiarsi come
potevano. Poi l’arrivo di quel giovane prete silenzioso, in un angolo ad
assistere alle funamboliche imprese di quei calciatori, tanto rapito da non
accorgersi che il tram 27 rischia di investirlo. Sono queste le origini del San Lorenzo de Almagro (Imprimatur editore),
descritte nel libro omonimo appena uscito di Stefano Borghi, forse il massimo
esperto di pallone argentino in Italia, giornalista ex Sportitalia ora passato
a Fox Sports.
Il volume non vuole soltanto
approfondire la storia di uno dei più grandi club del calcio latino, ma punta a
scoprire perché gli azulgrana sono “la squadra del
cuore di Papa Francesco”, come recita il sottotitolo.
IO VI DO IL CAMPO, VOI VENITE A
MESSA. D’altronde, fin
dal giorno della sua elezione, Bergoglio ha fatto capire a tutti che oltre alla
fede in Dio, da vero argentino il suo cuore nutre anche un’altra fede, quella
per la maglia rossoazzurra del club di Buenos Aires. Che non è una squadra come
tutte le altre, se non altro per quell’origine religiosa, incarnata
nell’intraprendenza di Lorenzo Massa, il giovane prete che rischiava di essere
investito dal tram: ai “forzosos”, il gruppo di ragazzi
che giocava a pallone per strada, offrì il campo dell’oratorio di Sant’Antonio,
a patto che accettassero di andare a messa e frequentare il catechismo.
Fu così che si formò una vera e propria comunità, di cui la squadra era l’espressione sportiva: in settimana ci si allenava e si imparava a leggere e scrivere, alla domenica c’erano le partite. E quando si trattò di scegliere il nome con cui chiamarsi, qualcuno propose un appellativo che potesse essere un omaggio per padre Lorenzo, considerato quasi santo. Lui trovò un compromesso: San Lorenzo sì, ma in ricordo del santo vero e della battaglia di San Lorenzo, che nel 1813 segnò la prima vittoria delle province unite del Rio deLa Plata sulle armate coloniali
spagnole.
Fu così che si formò una vera e propria comunità, di cui la squadra era l’espressione sportiva: in settimana ci si allenava e si imparava a leggere e scrivere, alla domenica c’erano le partite. E quando si trattò di scegliere il nome con cui chiamarsi, qualcuno propose un appellativo che potesse essere un omaggio per padre Lorenzo, considerato quasi santo. Lui trovò un compromesso: San Lorenzo sì, ma in ricordo del santo vero e della battaglia di San Lorenzo, che nel 1813 segnò la prima vittoria delle province unite del Rio de
OMAGGIO ALLA MADONNA. Anche
nella scelta del colore delle maglie si vede la matrice cattolica, come lo
stesso arcivescovo Bergoglio volle ricordare nel 2008, nel centenario del club:
il rosso e l’azzurro sono stati ispirati dal velo della Virgen
Maria Auxiliadora, statua cui san Giovanni Bosco era molto caro, una
figura che sempre fu riferimento per padre Lorenzo. Per il resto, la storia del
San Lorenzo si dipana tra imprese sportive che hanno il fascino di un’Argentina
calcistica vecchia un secolo ma già allora all’avanguardia, e storie di uomini
a dir poco leggendari.
Come ad esempio Jacobo Urso, mediano sinistro che
nel ’22 per il San Lorenzo perse persino la vita: non voleva lasciare in 10 la
sua squadra dopo un contrasto di gioco che gli aveva fratturato due costole e
perforato un polmone. Fazzoletto in bocca per fermare il sangue, mise in area
il cross della vittoria, svenendo subito dopo e morendo una settimana dopo.
«QUEL GOL DI PONTONI!». O come il Terceto de oro Farro-Pontoni-Marino, che alla
fine degli anni Quaranta porterà il San Lorenzo a vincere il titolo e ad
esportare, in un tour europeo, un gioco antenato del tiki-taka. Sono gli anni
in cui Bergoglio s’appassionò per quelle divise, resistendo ai “tradimenti” del
padre e del fratello che passeranno a tifare River Plate. Il giovane Jorge
Mario s’entusiasmò per le vittorie in campionato («Quel
gol di Pontoni!», ricorderà una volta diventato Papa nella lettera che
scrisse al presidente del San Lorenzo, celebrando la rete che diede lo Scudetto
ai Cuervos nel ’46) e cominciò a
frequentare il Gasometro, lo storico stadio del San Lorenzo che fu smantellato
negli anni Ottanta. E di cui, dopo l’elezione pontificia, papa Francesco si è
fatto portare un pezzo in Vaticano.