"DA TOSSICO A CAMPIONE DEL MONDO: COSI' LA BOXE MI HA SALVATO LA VITA": DA AVVENIRE.IT DEL 08/05/2014

Giacobbe Fragomeni racconta la sua storia di sofferenza e di passione: l’adolescenza in un quartiere difficile di Milano, un padre alcolista, le sostanze come unica ancora di salvezza. Fino al ring. 

Una vita da film. Storia da pugile, come quelle d’un tempo (ma anche ora non mancano), ragazzi di peri­feria, adolescenza sofferta, sa­crifici, lutti, droga. Come un in­ferno sulla terra. Poi, la scintilla, quella che accende il fuoco del­la passione, talvolta cambia l’e­sistenza, altre volte no. Una stra­da nuova, quella della palestra. Dove sudare, tirare cazzotti, prenderne in volto. E poi, il ring, a decidere il futuro, se di gloria oppure no. Una vita da film, quella di Giacobbe Fragomeni. La boxe come arma di redenzio­ne, strumento di riscatto per di­re no alla droga e tutte le dipen­denze che avvelenano la vita. Tanto che ora, il campione che ha detto no all’eroina, non esita a lanciare il suo messaggio ai gio­vani: «State lontani dalla droga. Non risolve nulla e rischia di uc­cidervi ». Lui questo coraggio l’ha avuto. Ed è riuscito a salire fin sul tetto del mondo. E andando sempre avanti, anche ora che gli anni sono 44, tanti per chi ha un fisico usurato, non per chi ha il pugilato nel sangue e nessuna voglia di scendere dal quadrato, perché vuol inseguire l’Europeo, un’altra medaglia da appuntar­si al petto.Una vita da film, già racchiusa nelle pagine di un libro (scritto da Valerio Esposti), titolo esem­plare ('Fino all’ultimo round'), finalista al premio Bancarella Sport. Una biografia parziale, per forza di cose. Perché Giacobbe va avanti, sul ring come c’è an­dato nella vita. 

Una biografia uscita quasi in contemporanea con quella di Mike Tyson: cosa le accomuna? 
La capacità e la voglia di dire tut­to, senza reticenze, anche se tor­nare indietro con la memoria può far male, quando s’è vissu­to di eccessi. Me li sono lasciati alle spalle, grazie al pugilato, che mi ha dato tanto, nella carriera e nella vita. 

È per questo che va ancora a­vanti, a 44 anni suonati? 
Sì, perché se ami qualcosa la fai volentieri. E puoi andare avanti, se hai ancora tanta fame, forza, voglia di sacrificarti e combatte­re. Del resto, l’ho sempre detto: della boxe mi fa paura solo smet­tere.

Non è dura prendere cazzotti a questa età?
Prendere cazzotti non è mai pia­cevole: ma il pugilato è questo. E poi io nella vita ho passato tanti guai e ho combattuto tanti fan­tasmi che un po’ di pugni non possono certo farmi paura.

Se lo immagina un film sulla sua vita? 
Non sono mica Tyson, che è sta­to una leggenda di questo sport. Ho fatto il mio, arrivando anche al Mondiale, che era il mio so­gno. 

Non crede che ci sarebbero tut­ti gli ingredienti?
Magari sì, o forse no. Certo, avrei preferito che la mia non fosse stata una vita da film: mi sarei ri­sparmiato tanti eccessi, e pure tante tragedie. 

Quindi, è stato il pugilato a sal­varla? 
Salvato dal pugilato? La mia vita è stata dura: un padre alcolizza­to, una madre che ne era vittima, una sorelle morta di Aids. E un quartiere milanese come lo Sta­dera, che difficile è dire poco. La droga, poi: ho provato di tutto. Senza la boxe, non so come sa­rebbe andata. 

Invece? 
L’ho scoperta ed è stata la mia cura. Sacrifici in palestra, ogni ti­po di lavoro per tirare avanti. Non che sia stato facile, ma così la mia vita è cambiata. 


Questione di passione e forza di  volontà? 
Sicuramente. Ma bisogna anche credere nel prossimo. Incontra­re le persone giuste sulla propria strada è fondamentale, nello sport come nella vita quotidiana. Penso, ad esempio, al compian­to maestro Tazzi, che tutti chia­mavamo affettuosamente 'il nonno': se sono diventato un bravo pugile, lo devo a lui. 

Persone giuste: ne avrebbe bi­sogno anche l’Italia? 
C’è sempre bisogno di persone in gamba, in qualunque campo, politica compresa, che però è quanto di più lontano possa es­serci da me. 

Alla politica ha chiesto aiuto perché risolva i problemi delle periferie: riscontri? 
Ho avuto onorificenze, ho pro­vato a sfruttare la mia notorietà in tal senso. 

Considerata la sua esperienza, a un ragazzo cosa direbbe? 
La droga fa male, non è mai la soluzione a un problema, state­ne lontani. 

Ha mai pensato a cosa farà una volta sceso dal ring? 
Il dopo verrà quando sarò io a deciderlo. Per ora, vado avanti, verso l’Europeo: di soldi la boxe me ne ha garantiti pochini, vor­rei farne un po’, perché non è che mi facciano schifo. 

Nient’altro? Tv, reality-show? 
Sono un pugile, non mi presto a certe cose. A fine carriera ci sarà tempo per altro, se mi vorranno. 

IL LIBRO
LA SFIDA ESISTENZIALE FINO ALL'ULTIMO ROUND

Si intitola “Fino all’ultimo round” (Limina edizioni) la biografia che il pugile Giacobbe Fragomeni ha scritto assieme al giornalista Valerio Esposti. Una storia molto toccante, di riscatto umano e sociale, da parte dell’ex ragazzo difficile e tossicodipendente, nato e cresciuto nella periferia milanese, quartiere Stadera. Un racconto avvincente che comincia dalla polvere, per arrivare alla cintura dorata del campione del mondo professionisti Wbc ­categoria dei pesi massimi leggeri - conquistata nel 2008.