Giacobbe Fragomeni racconta la sua storia di sofferenza e di
passione: l’adolescenza in un quartiere difficile di Milano, un padre
alcolista, le sostanze come unica ancora di salvezza. Fino al ring.
Una vita da
film. Storia da pugile, come quelle d’un tempo (ma anche ora non mancano),
ragazzi di periferia, adolescenza sofferta, sacrifici, lutti, droga. Come un
inferno sulla terra. Poi, la scintilla, quella che accende il fuoco della
passione, talvolta cambia l’esistenza, altre volte no. Una strada nuova,
quella della palestra. Dove sudare, tirare cazzotti, prenderne in volto. E poi,
il ring, a decidere il futuro, se di gloria oppure no. Una vita da film, quella
di Giacobbe Fragomeni. La boxe come arma di redenzione, strumento di riscatto
per dire no alla droga e tutte le dipendenze che avvelenano la vita. Tanto
che ora, il campione che ha detto no all’eroina, non esita a lanciare il suo
messaggio ai giovani: «State lontani dalla droga. Non risolve nulla e rischia
di uccidervi ». Lui questo coraggio l’ha avuto. Ed è riuscito a salire fin sul
tetto del mondo. E andando sempre avanti, anche ora che gli anni sono 44, tanti
per chi ha un fisico usurato, non per chi ha il pugilato nel sangue e nessuna
voglia di scendere dal quadrato, perché vuol inseguire l’Europeo, un’altra
medaglia da appuntarsi al petto.Una vita da film, già racchiusa nelle pagine di un libro
(scritto da Valerio Esposti), titolo esemplare ('Fino all’ultimo round'),
finalista al premio Bancarella Sport. Una biografia parziale, per forza di cose. Perché Giacobbe
va avanti, sul ring come c’è andato nella vita.
Una biografia uscita quasi in contemporanea con quella di Mike Tyson: cosa le accomuna?
La
capacità e la voglia di dire tutto, senza reticenze, anche se tornare
indietro con la memoria può far male, quando s’è vissuto di eccessi. Me li
sono lasciati alle
spalle, grazie al pugilato, che mi ha dato tanto, nella carriera e nella vita.
È per questo che va ancora avanti, a 44 anni suonati?
Sì,
perché se ami qualcosa la fai volentieri. E puoi andare avanti, se hai ancora
tanta fame, forza, voglia di sacrificarti e combattere. Del resto, l’ho sempre
detto: della boxe mi fa paura solo smettere.
Non è dura prendere cazzotti a questa età?
Prendere
cazzotti non è mai piacevole: ma il pugilato è questo. E poi io nella vita ho
passato tanti guai e ho combattuto tanti fantasmi che un po’ di pugni non
possono certo farmi paura.
Se lo immagina un film sulla sua vita?
Non sono
mica Tyson, che è stato una leggenda di questo sport. Ho fatto il mio,
arrivando anche al Mondiale, che era il mio sogno.
Non crede che ci sarebbero tutti gli ingredienti?
Magari
sì, o forse no. Certo, avrei preferito che la mia non fosse stata una vita da
film: mi sarei risparmiato tanti
eccessi, e pure tante
tragedie.
Quindi, è stato il pugilato a salvarla?
Salvato
dal pugilato? La mia vita è stata dura: un padre alcolizzato, una madre che ne
era vittima, una sorelle morta di Aids. E un quartiere milanese come lo Stadera,
che difficile è dire poco. La droga, poi: ho provato di tutto. Senza la boxe,
non so come sarebbe andata.
Invece?
L’ho scoperta ed è stata la mia cura. Sacrifici in palestra, ogni tipo di lavoro per tirare avanti. Non che sia stato facile, ma così la mia vita è cambiata.
Questione di passione e forza di volontà?
Sicuramente.
Ma bisogna anche credere nel prossimo. Incontrare le persone giuste sulla
propria strada è fondamentale, nello sport come nella vita quotidiana. Penso,
ad esempio, al compianto maestro Tazzi, che tutti chiamavamo affettuosamente
'il nonno': se sono diventato un bravo pugile, lo devo a lui.
Persone giuste: ne avrebbe bisogno anche l’Italia?
C’è
sempre bisogno di persone in gamba, in qualunque campo, politica compresa, che
però è quanto di più lontano possa esserci da me.
Alla politica ha chiesto aiuto perché risolva i
problemi delle periferie: riscontri?
Ho
avuto onorificenze, ho provato a sfruttare la mia notorietà in tal senso.
Considerata la sua esperienza, a un ragazzo cosa direbbe?
La
droga fa male, non è mai la soluzione a un problema, statene lontani.
Ha mai pensato a cosa farà una volta sceso dal ring?
Il
dopo verrà quando sarò io a deciderlo. Per ora, vado avanti, verso l’Europeo:
di soldi la boxe me ne ha garantiti pochini, vorrei farne un po’, perché non è
che mi facciano schifo.
Nient’altro? Tv, reality-show?
Sono
un pugile, non mi presto a certe cose. A fine carriera ci sarà tempo per altro,
se mi vorranno.
IL LIBRO
LA SFIDA ESISTENZIALE FINO ALL'ULTIMO ROUND
Si intitola “Fino all’ultimo round” (Limina edizioni) la
biografia che il pugile Giacobbe Fragomeni ha scritto assieme al giornalista
Valerio Esposti. Una storia molto toccante, di riscatto umano e sociale, da
parte dell’ex ragazzo difficile e tossicodipendente, nato e cresciuto nella
periferia milanese, quartiere Stadera. Un racconto avvincente che comincia
dalla polvere, per arrivare alla cintura dorata del campione del mondo
professionisti Wbc categoria dei pesi massimi leggeri - conquistata nel 2008.