«La vittoria più bella per me è stata la
conversione». Se a dirlo è un ex campione di ciclismo che di vittorie se ne
intende perché nella sua carriera da professionista ha colto ben novanta
successi, allora gli si deve credere. Gianbattista Baronchelli, «Tista» per gli
amici, Gibì per i tifosi, classe 1953, uno dei corridori italiani che ha
dominato gli anni ’70 e ’80, oggi vive ad Arzago d’Adda, un paesino della
provincia di Bergamo al confine con quelle di Cremona e Milano, dove gestisce
un piccolo negozio di biciclette insieme al suo inseparabile fratello Gaetano.
È qui che si è ritirato alla fine della carriera di professionista ed è qui che
lo incontro, il sapore del vecchio negozio di bici dove trovi il “maestro” di
ciclismo più che il venditore.
Sulla
bici ha percorso centinaia di migliaia di chilometri, ha percorso strade di tutto il mondo, ma
solo da pochi anni ha trovato la strada giusta: «E quando si trova la strada
giusta bisogna non perderla più, si riesce a vedere tutto nella giusta
dimensione, non si dà più importanza a cose che in realtà sono
secondarie». Anche il successo nello sport, che pure ha indirizzato la sua
vita.
Settimo di nove figli, una famiglia di contadini, papà e zii grande appassionati di ciclismo, Tista ha cominciato a correre in bici a 15 anni seguendo suo fratello Gaetano, di un anno più vecchio. «All’inizio era un gioco, poi è diventata una professione», dice Tista. Infatti, i due fratelli fanno subito vedere di avere un talento naturale e quando arrivano fra i dilettanti fanno parlare di loro. Nel 1973, al mondiale di Barcellona, quello che tra i professionisti vede trionfare Felice Gimondi, Gaetano arriva settimo tra i dilettanti, primo degli italiani. E nello stesso anno Gianbattista vince il Giro d’Italia e il Tour de L’Avenir (il Giro di Francia dei dilettanti), una vera impresa che, insieme alle tante altre vittorie ottenute, lo lancia tra i professionisti a 21 anni.
Settimo di nove figli, una famiglia di contadini, papà e zii grande appassionati di ciclismo, Tista ha cominciato a correre in bici a 15 anni seguendo suo fratello Gaetano, di un anno più vecchio. «All’inizio era un gioco, poi è diventata una professione», dice Tista. Infatti, i due fratelli fanno subito vedere di avere un talento naturale e quando arrivano fra i dilettanti fanno parlare di loro. Nel 1973, al mondiale di Barcellona, quello che tra i professionisti vede trionfare Felice Gimondi, Gaetano arriva settimo tra i dilettanti, primo degli italiani. E nello stesso anno Gianbattista vince il Giro d’Italia e il Tour de L’Avenir (il Giro di Francia dei dilettanti), una vera impresa che, insieme alle tante altre vittorie ottenute, lo lancia tra i professionisti a 21 anni.
Erano
gli anni in cui il belga Eddy Merckx, “il cannibale”, era il dominatore assoluto, da
Baronchelli ci si aspettava una “risposta” italiana. «Quando ero ragazzo io
tifavo per Merckx, poi dopo pochi anni mi sono trovato a combattere con lui». E
nel 1974, primo anno da professionista nella squadra della Scic, per un pelo
Tista non riesce a mangiarsi “il cannibale”. Al Giro d’Italia, disputato da
grande protagonista sorprendendo tutti, nel penultimo tappone dolomitico sulle
Tre Cime di Lavaredo stacca Merckx e sembra poter conquistare la maglia rosa,
ma Merckx resiste mantenendo un vantaggio in classifica di appena 12 secondi.
Un’inezia, e il giorno dopo pur attaccando, Baronchelli non riesce a replicare
l’impresa, e Merckx finisce il giro con quel niente di vantaggio. Nella stessa
stagione il belga vincerà anche Tour e Mondiale a ulteriore dimostrazione dell’impresa
compiuta da Baronchelli al Giro.
Un
inizio da professionista che fa presagire imprese ancora più grandi: «Ma quando tutti ti aspettano, le cose si
fanno più difficili. L’impatto con il professionismo è stato duro, tra i
dilettanti mi ero molto divertito ma lì da professionista ti ritrovi solo».
Solo con suo fratello Gaetano, che da professionista si dedica tutto a far da
gregario al fratello più giovane. A frenarlo anche una grave infezione al
fegato nel 1975, poi anche il grande risultato che non arriva: «Quando per 4-5
anni non vinci subentra anche un blocco di testa. Fino al 1978 puntavo ai
grandi giri, perché ero un fondista, andavo bene dappertutto e recuperavo più
in fretta degli altri. Poi però la grande vittoria non arrivava, allora mi sono
trasformato e ho puntato alle corse in linea».
Ed
ecco le vittorie: due volte il Giro di Lombardia, l’Henninger-Turm, sei volte
consecutive il Giro dell’Appennino, Il Giro di Toscana, del Lazio, dell’Emilia
e tante altre. Saranno novanta, alla fine della carriera, ma da lui – inutile
negarlo – viste le premesse ci si aspettava di più. Infortuni, il carattere
schivo, tutto il contrario di un arrivista. Ha avuto anche la sfortuna di
trovarsi davanti dei mostri sacri del ciclismo, tra i più grandi campioni di
ogni epoca: non solo Merckx, anche il francese Bernard Hinault, che gli sbarrò
la strada al mondiale del 1980. Circuito di Sallanches, in Francia: uno dei
percorsi più duri di sempre, 270 km con salita che arrivava al 14% di pendenza,
una gara tremenda. Dei 107 corridori alla partenza, alla fine ne arriveranno
appena 15, un solo italiano: Baronchelli resta con Hinault fino all’ultimo
giro, quando il francese molla anche l’italiano che, complice anche un salto di
catena, arriva secondo al traguardo con un minuto di ritardo; il terzo, lo
spagnolo Martìn, arriva con quasi 5 minuti.
Una
gara fantastica, quella di Baronchelli, ma ancora una volta un grandissimo gli
nega la vittoria. E sarà un po’ questa anche la maledizione che accompagnerà
Tista: «Ancora oggi, quando mi invitano alle feste mi presentano come il
perdente – mi dice sorridendo un po’ amaro -: non dicono mai Baronchelli che ha
vinto questo e quello, ma Baronchelli che ha perso il Giro, ha perso il
Mondiale, non è proprio il massimo». E non è neanche giusto per tutto quello
che ha fatto. Rimpianti? «Tornando indietro farei anche scelte diverse, ma le
cose sono andate così, dovevano andare così: bisogna accettare il
verdetto».
E
quando ha smesso di correre è tornato al suo paese, non per delusione ma per scelta. «Della
vita di corridore a me ha sempre pesato molto essere continuamente in giro per
il mondo, non mi piace, la sera voglio tornare a casa, c’è la famiglia. Restare
nel mondo delle corse avrebbe significato essere in giro più di prima, allora
basta». Decisione già presa con largo anticipo: dal 1982, sempre con Gaetano,
avevano già messo su questo negozio di bici, nel 1989 inizia a lavorarci anche
Tista, che nel frattempo si era sposato nel 1987 e nel 1988 aveva avuto la
prima figlia (alla fine saranno tre): «Io i miei figli li ho visti nascere
tutti, queste sono le cose belle della vita. Vincere le corse, sì è bello, ma
la vita è più grande, c’è di più».
C’è di
più, ma allora Tista non aveva ancora dato un nome a quel “più”, solo recentemente ha capito. «È successo
quando è scomparsa la mia mamma, tre anni e mezzo fa. Lei aveva una grande
fede, tutte le mattine andava a messa a piedi. E sicuramente lei ha pregato
tanto per la conversione dei suoi figli, e le sue preghiere sono state esaudite».
Prima
non eri cattolico? «Ero un cattolico come tanti, marginale. Sai, l’educazione di andare a messa
l’abbiamo avuta ed è già una bella cosa, ma la conversione è un’altra cosa».
Prima è stato Gaetano, sembra che il suo compito sia aprire la strada a Tista:
«Mio fratello già da anni si era convertito, attraverso la malattia di sua
moglie, molto spesso si arriva sulla giusta strada per queste vie».
Poi il periodo buio è arrivato anche per Tista («Sbagliare strada è facilissimo, seguire le vie facili è comodo, ma ti porta alla morte») e quando la mamma se ne è andata a 90 anni, è scattato qualcosa: «Dal momento che è morta, mi sono sintonizzato su Radio Maria, e da lì è cresciuta giorno per giorno». Alla radio Tista sentiva parlare di Medjugorje, magari sapeva già di queste apparizioni ma ora la cosa diventava interessante, lo interpellava. «Mia madre era morta in aprile, quell’estate mentre ero in vacanza con la famiglia in Sardegna ho comprato un libriccino su Medjugorje, mi si è aperto il cuore. Poi a settembre ho cominciato a seguire mio fratello agli incontri del Rinnovamento nello Spirito: sono incontri molto belli, si vede davvero che c’è un sacco di gente che ha bisogno».
Poi il periodo buio è arrivato anche per Tista («Sbagliare strada è facilissimo, seguire le vie facili è comodo, ma ti porta alla morte») e quando la mamma se ne è andata a 90 anni, è scattato qualcosa: «Dal momento che è morta, mi sono sintonizzato su Radio Maria, e da lì è cresciuta giorno per giorno». Alla radio Tista sentiva parlare di Medjugorje, magari sapeva già di queste apparizioni ma ora la cosa diventava interessante, lo interpellava. «Mia madre era morta in aprile, quell’estate mentre ero in vacanza con la famiglia in Sardegna ho comprato un libriccino su Medjugorje, mi si è aperto il cuore. Poi a settembre ho cominciato a seguire mio fratello agli incontri del Rinnovamento nello Spirito: sono incontri molto belli, si vede davvero che c’è un sacco di gente che ha bisogno».
Sei
anche stato a Medjugorje? «Ci
sono stato con il pensiero e con lo spirito, prima o poi ci andrò di persona:
con mia moglie, quando sarà pronta. Ma non è un problema, il Signore è
dappertutto, io sono già arrivato a Cristo attraverso la Madonna». E del resto
la Madonna gli è comunque vicina: «Siamo fortunati, abbiamo il santuario di
Caravaggio vicinissimo, da casa in tre minuti ci arrivo».
Con la
conversione cambia tutto: «Arriva
quando deve arrivare, il sì lo devi dire tu e il bello è proprio questo: la tua
libertà, sei tu che dici sì. E la vita diventa un’altra, la cosa più importante
è ringraziare il Signore per quello che hai, è lui che te l’ha dato. E quando
le cose non vanno è perché deve andare così, per forza. Bisogna capirlo, è un
cammino». Che Tista augura a tutti, a cominciare da moglie e figli: «Sono
cattolici sì, come lo ero io, ma è difficile capire se non ti arriva la
grazia». Tista non vuole convincere: «Le parole lasciano il tempo che trovano,
l’importante è l’esempio». E l’esempio è chiaro: «Mi piace leggere il Vangelo
tutti i giorni, è più facile seguire la strada. Per me la cosa più importante
accaduta nella vita è la fede, tutto il resto è in secondo piano. Quando devi
prendere le decisioni, devi sempre pregare e basta. E il Signore ti dà quel che
è giusto che tu abbia». Pregare, appunto. E attendere, come la mamma ha pregato
e atteso per Gaetano e Tista.